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18 settembre 2010

Sorgane, l'isola di cemento

Ricci, Savioli, Cemento, Alluvione, Droga, Dormitorio, Baby Gang. 40 anni, ma i giornalisti scrivono sempre le stesse cose. Anzi no: si sono scordati di La Pira.

Il passato di Sorgane, tra realtà e leggenda, lo conosciamo.
Manca l'approfondimento sul presente...



Note sull'articolo
1) Gli abitanti di Sorgane"UTOE 25"(comprende anche Nave a Rovezzano) anno 2005 sono 3.303.
Gli iscritti alle liste elettorali delle due sezioni di Sorgane sono 1856 (Regionali 2010). Quindi molto lontani dai 5.000 abitanti di cui si parla nell'articolo.
2) La pensilina Ataf non è stata distrutta da nessuna baby gang, ma smantellata per sostituirla con quella nuova
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Viaggio nelle periferie
Sorgane, l'isola di cemento

Come si vive nelle periferie di Firenze? Delle idee e dei sogni che le avevano fatte costruire cosa rimane oggi? Sono Firenze o sono corpi estranei? Prima tappa, Sorgane: un quartiere nato sulla carta, ci vivono in 5.000. Pochi negozi, un «sentiero» per andare a Firenze. Ma tranquillo come un paese

Tutto è cominciato con Gianni Alemanno, il sindaco di Roma, che durante la vacanza a Cortina qualche giorno fa ha detto che buttar giù Tor Bella Monaca «non sarebbe una brutta idea». Tor Bella Monaca è la classica periferia italiana, un quartiere studiato a tavolino dagli architetti, fatto di case popolari e disegnato per favorire l’incontro dei suoi abitanti. Con gli anni il cemento si è sciupato. Gli abitanti non si sono incontrati. E i progetti studiati a tavolino sono falliti. Rimangono solo orribili palazzoni di cemento. Abbiamo pensato allora alle nostre periferie. Ai nostri palazzi anni ’50 e ’70 attorno a cui sono nati quartieri e rioni. Ci ha pensato nella sua rubrica «Effetti personali» Francesco Bonami domenica scorsa. Siamo partiti da alcuni suoi concetti: «L’urbanismo centripeto che vuole tornare in centro e il partito della Ruspa, perché non ci piacciono le periferie come non ci piacciono quelli con le scarpe dozzinali». Da questi spunti è partita la nostra inchiesta: come si vive nelle periferie di Firenze? Delle idee e dei sogni che le avevano fatte costruire cosa rimane oggi? Sono Firenze o sono corpi estranei? Prima tappa, Sorgane.

«Arrivi a Sorgane se vuoi venirci, non ci passi per caso». Sta tutto in questa frase il passato e il presente dell’isola che separa Firenze da Bagno a Ripoli. Un rione deciso e nato sulla carta, su un piano urbanistico datato 1951 e lavorato da 37 progettisti, architetti, ingegneri, sperimentatori. Incompiuto— doveva essere un paese da 12 mila abitanti, quando prima era un borgo di 160 persone attorno a Villa Giusti — distante e allo stesso tempo così vicino a Firenze. Sorgane è la Nave di Leonardo Ricci (il progettista del nuovo palazzo di Giustizia a Novoli), sono i palazzi meno spericolati, ma pur sempre residenziali, del collega Leonardo Savioli. Ma è anche un rione che ha saputo emergere dall’emergenza. A Sorgane non ci arrivi mai per caso. Solo se lo vuoi. In questo concetto ci stanno tutti i vantaggi e gli svantaggi per i cinquemila fiorentini che vivono qui. Pochi negozi, una rosticceria, un bar, una pasticceria. Un’edicola, una merceria, per uscire dal genere alimentare. Un circolo Arci accanto alla sede del Quartiere 3. Un piccolo supermercato incastrato nel ventre della Nave e una farmacia comunale che forse restano aperti perché qui la gente non potrebbe farne a meno. I negozi perdono clienti, così come il circolo Arci ha perso i giovani, verso un polo di attrazione e di necessità che sembra destinato a risucchiare tutto (anche l’Urp e l’anagrafe?), di cui parlano tutti per strada, di cui vedi le borsine di plastica e di cartone, tutte made in viale Giannotti. Lì c’è il centro commerciale, quello che i politici del centrodestra, all’epoca (fu il primo cavallo di battaglia dell’allora consigliere di quartiere Mario Razzanelli), definirono il «Mostro di Gavinana».

I vecchi come Damiano Ceri, 75 anni, inquilino della Nave, ricordano la Sorgane degli anni ’60 come quella che offrì una casa all’emergenza degli alluvionati. All’immigrazione del Sud. «A un miscuglio di gente con troppi problemi, con troppa fame», dice. Ricordano la criminalità, quella vera, la droga, l’eroina. La farmacia che vendeva siringhe e siringhe. Oggi a Sorgane, nei ballatoi dei palazzi, lungo il viale Croce il motivo di discussione è lo stesso degli anziani fermi al capolinea del 23 ,che raccontano e maledicono le malefatte di una baby gang su cui il consigliere di quartiere ex An oggi Pdl Paolo Poli «chiederà notizie al presidente Andrea Ceccarelli». Ti sussurrano, guardandosi intorno, che quei quattro ragazzi che girano in scooter senza casco probabilmente sono gli stessi allontanati dal parroco di piazza Elia Dalla Costa e che forse sono stati loro a distruggere la pensilina dell’Ataf qualche settimana fa. Dicono fra loro, mentre fuori dall’unico poliambulatorio— una stanza per le visite per sette medici e una di tre metri per tre a far da sala d’attesa — si allunga la fila dei pazienti del martedì pomeriggio, che l’altra sera «li hanno visti rubare la benzina dai motorini parcheggiati sotto i palazzoni».

Parlano della moschea-garage alla Nave con una dolce diffidenza. Raccontano di quando l’Imam ha scritto una lettera alla signora Maria chiedendole di non appendere indumenti di un certo tipo alla finestra. Sanno tutto di tutti. Damiano, nel suo bel appartamento di 100 metri quadrati riscattato dopo anni di affitto al quarto piano, potrebbe scrivere a memoria la composizione di ogni famiglia della Nave, ma ti dice che il progetto del Ricci «è fallito». «Non per colpa sua, ma nostra, perché alla fine qui ognuno si fa gli affari suoi, come succede dappertutto». Tutto ruota attorno alla Nave. I bambini che giocano sui ballato, la sede del Quartiere di fronte, l’Urp, l’anagrafe, il poliambulatorio, il supermercato, il circolo Arci, la scuola materna, più distante l’elementare e quella di Scienze Aziendali. Perché Sorgane è la Nave. La sperimentazione del Ricci, che con tonnellate e tonnellate di cemento armato diede forma al tema della «macrostruttura», intesa come un pezzo di città in scala: «Per me è stata un’altra verifica di spazio per una società nuova, anche se limitato a 4.500 abitanti, condizionato, represso». Ricci non volle dotare la macrostruttura di servizi comuni. Fermo restando nella convinzione che «gli abitanti nel bene e nel male, debbono per forza conoscersi. I bambini debbono per forza incontrarsi...», diceva. La Nave è un dedalo di percorsi orizzontali e verticali. Di corridoi bui e angoli nascosti. Il problema, comune un po’ a tutte le case popolari, è la manutenzione. Sono i servizi. «Solo qualche anno fa abbiano ottenuto l’ascensore», racconta Eleonora, «e solo perché qui abitavano dei disabili». La Nave continua a non piacere. Lo ammette, fuori dalle virgolette, il presidente di quartiere Ceccarelli. Tutti lo dicono, tranne Damiano, che ci è affezionato.

Sorgane è un insieme di grandi palazzi e ancora, entro la fine dell’anno, ne arriveranno di nuovi. Ci sono quelli del Savioli,— nell’isolato compreso tra le vie Livenza, Isonzo e viale Croce— meno impattanti di quelli del Ricci ma sempre costruiti secondo i principi dei ballatoi. Quasi tutta edilizia popolare. Ma si capisce che è un progetto rimasto in parte sulla carta. Racconta Dario, mentre siede fuori dal circolo Arci a cui oggi i giovani preferiscono il centro commerciale di Gavinana: «Il Michelucci aveva pensato la parte alta di Sorgane come un secondo piazzale Michelangelo, destinato però ai servizi». Oggi le colline sopra Sorgane sono un parco. «Un parco da 30 mila metri quadrati — dice Ceccarelli— che presto con i percorsi sarà anche più fruibile». Il verde, dice la consigliera di quartiere di Sel, Francesca Cellini «assieme al campo di atletica e alle strutture sportive sono le qualità più importanti di Sorgane. Ma in questo rione si è perso il senso dell’aggregazione. È successo anche al circolo Arci, non più frequentato dai ragazzi. Ecco ai giovani e agli anziani manca questo soprattutto». Ceccarelli rivendica la nuova piazza Istria «frutto di un progetto di partecipazione dei residenti» (che l’opposizione in consiglio ha contestato), dove prima c’era il mercato che ora è stato spostato sul viale Croce. E ammette i vantaggi e gli svantaggi di Sorgane.

«I servizi? Il poliambulatorio lo trasferiremo nel nuovo palazzo dove entro la fine dell’anno saranno pronti 25 alloggi. Sarà più confortevole, non più grande. Ma perché a Sorgane non apre una banca, domando io? Perché c’è in viale Europa. Perché questa è Sorgane». Un paese nel paese, dove oggi la parola più pronunciata è tranquillità, anche se più di qualcuno la scambia per dormitorio. La periferia che si è normalizzata. Dove i prezzi delle case sono aumentati, perché ora al metro quadro si compra a circa 3.500 euro. Dove non ci sono le strisce blu dei parcheggi per terra. E dove l’anziano del posto fa compagnia all’ortolano che all’ora di pranzo carica il banco della frutta sul camion, per partire verso Firenze imboccando quello che è poco più di un sentiero: via Cimitero del Pino. L’unica via d’uscita, come l’unica via di entrata è via della Badia di Ripoli. Al bar, davanti ai taxi e alla fermata del 33 e del 41 la gente ti chiede di venire qui la mattina presto per vedere la realtà — una coda infinita di macchine e autobus— di un progetto urbanistico rimasto in parte sulla carta. Un paese a cui non è stata progettata la viabilità intorno. «Un cul de sac— dice Ceccarelli— dove non arrivi mai per caso». (1. Continua)

Alessio Gaggioli
Corriere Fiorentino 01 settembre 2010(ultima modifica: 02 settembre 2010)

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